William Godward
John William Godward (Wimbledon 1861 – Londra 1922), “Perilla”, 1911.
Olio su tela.
Misure: cm. 50 x 40
Firmato “J. W. Godward 1911” in alto a sinistra.
Il dipinto raffigura una fanciulla romana ritratta di profilo. La giovane si staglia su uno sfondo di marmo screziato; la sua carnagione olivastra e l’aspetto florido la identificano come di buona famiglia patrizia. I suoi ricci neri sono avvolti in una crocchia fermata da nastri dorati.
La potenza cromatica del quadro risiede nella stoffa rosso porpora della stola, mitigata dai grigi toni della palla, il mantello che le copre le spalle.
Perilla di Godward non è un ritratto ufficiale, sebbene la posa di profilo sia pur ispirata dalle effigi degli imperatori delle monete romane; incarna invece una figura idealizzata, un simbolo di un’antichità lontana, nascosta dalle sabbie del tempo.
È una donna immaginaria e reale al tempo stesso; un’invenzione del pittore per ricongiungersi a quell’arcano passato da cui tanto era affascinato.
BIOGRAFIA
John William Godward nasce nel 1861 a Wimbledon; il padre era impiegato presso una compagnia assicurativa. La famiglia osteggiava con fermezza le aspirazioni artistiche di Godward poiché avrebbero preferito un futuro migliore per il loro primogenito.
Il dispotismo dei genitori durante tutta la sua fanciullezza rende Godward un uomo dal carattere schivo ed introverso.
Nonostante gli ostacoli, il giovane pittore riesce a farsi notare nel panorama artistico suo contemporaneo, diventando protetto di Sir Lawrence Alma-Tadema (1836 – 1912), simbolo del Neoclassicismo vittoriano.
Dal suo maestro riprende i temi e le atmosfere, nonché soprattutto le ambientazioni e gli sfondi in marmo. Le figure di Godward sono calate in un’antichità dal sapore onirico e fiabesco, che viene riportata in vita da palettes vivide e pennellate evanescenti.
Dal 1887 espone presso la Royal Accademy alla Burlinghton House fino al 1912, anno in cui, innamorato di una sua modella italiana, si trasferisce con lei a Roma. Qui intrattiene un’amicizia con l’artista Roberto ed il figlio Augusto Bompiani, anch’egli pittore, accumunati da una fervente passione per l’archeologia e l’architettura classica. A seguito del suo viaggio, i parenti di Godward tagliano definitivamente i ponti con lui.
Nel 1921 torna in Inghilterra; abbandonato e disilluso dal cambiamento irrefrenabile che portano le Avanguardie, si suicida l’anno seguente. Ancora una volta la sua famiglia ne condanna il ricordo: per sopperire all’onta ricevuta del suo suicidio attuano una sorta di damnatio memoriae,
distruggendo e bruciando ogni foto, ogni disegno ed ogni scritto dell’artista in loro possesso.
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