William Godward
John William Godward (Wimbledon 1861 – Londra 1922), “Dorilla”, 1913.
Olio su tela.
Misure: cm. 50 x 40
Firmato “J. W. Godward 1913” in basso a destra.
Il quadro, intitolato Dorilla e dipinto durante il suo periodo romano, sembra quasi un riflesso speculare dell’opera precedente. La modella prescelta ha un fascino più preraffaellita; cionondimeno, il pittore la veste con l’abbigliamento tipico della donna romana, cioè stola e palla, tinte nei colori del tramonto. La chioma bruna è adornata da una fascia di tessuto a fantasia.
Alle sue spalle, lo sfondo è rappresentato da un marmo bicolore, calando il ritratto all’interno di un edificio imprecisabile, inesistente nel tempo e nello spazio. Godward non raffigura il vero: ciò che rappresenta è una bellezza ideale ed intangibile.
BIOGRAFIA
John William Godward nasce nel 1861 a Wimbledon; il padre era impiegato presso una compagnia assicurativa. La famiglia osteggiava con fermezza le aspirazioni artistiche di Godward poiché avrebbero preferito un futuro migliore per il loro primogenito.
Il dispotismo dei genitori durante tutta la sua fanciullezza rende Godward un uomo dal carattere schivo ed introverso.
Nonostante gli ostacoli, il giovane pittore riesce a farsi notare nel panorama artistico suo contemporaneo, diventando protetto di Sir Lawrence Alma-Tadema (1836 – 1912), simbolo del Neoclassicismo vittoriano.
Dal suo maestro riprende i temi e le atmosfere, nonché soprattutto le ambientazioni e gli sfondi in marmo. Le figure di Godward sono calate in un’antichità dal sapore onirico e fiabesco, che viene riportata in vita da palettes vivide e pennellate evanescenti.
Dal 1887 espone presso la Royal Accademy alla Burlinghton House fino al 1912, anno in cui, innamorato di una sua modella italiana, si trasferisce con lei a Roma. Qui intrattiene un’amicizia con l’artista Roberto ed il figlio Augusto Bompiani, anch’egli pittore, accumunati da una fervente passione per l’archeologia e l’architettura classica. A seguito del suo viaggio, i parenti di Godward tagliano definitivamente i ponti con lui.
Nel 1921 torna in Inghilterra; abbandonato e disilluso dal cambiamento irrefrenabile che portano le Avanguardie, si suicida l’anno seguente. Ancora una volta la sua famiglia ne condanna il ricordo: per sopperire all’onta ricevuta del suo suicidio attuano una sorta di damnatio memoriae,
distruggendo e bruciando ogni foto, ogni disegno ed ogni scritto dell’artista in loro possesso.
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